Il commercio infame: Antischiavismo e diritti dell’uomo nel Settecento italiano

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ClioPress. Editoria digitale, 2013 - Political Science - 427 pages

La legittimazione della schiavitù, radicata nella cultura classica e cristiana, venne messa in discussione a partire dal XVIII secolo. Fu un processo lento, che si confrontò con le forme peculiari (di forza lavoro servile importata dall’Africa subsahariana) assunte dall’istituzione con la colonizzazione europea dell’America in età moderna. Un processo in cui furono determinanti fattori economici e politici, ma che sul piano della storia intellettuale conobbe una svolta quando si pose il problema dell’universale riconoscimento dei diritti naturali dell’uomo nella società civile. Di questa storia, che non riguardò soltanto le potenze coloniali, il volume indaga un capitolo inedito: il contributo della cultura dei Lumi italiana al pensiero antischiavista transnazionale. Negli scritti degli illuministi italiani, e particolarmente dei riformatori meridionali, l’interesse verso la scienza utile dell’economia, la riflessione sulla storia, sui trattati politici antichi e moderni, e la definizione di riforme ispirate ai principi del diritto naturale incrociavano la questione della schiavitù coloniale: lo schiavo nero delle piantagioni americane diveniva l’anti-modello del progetto di emancipazione dell’uomo proprio dell’illuminismo politico e, a fine secolo, della «rigenerazione» rivoluzionaria. La tratta degli uomini e dei loro intangibili diritti era, per gli antischiavisti italiani, il «commercio infame».

 

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